Dove tutto è cominciato

Dove tutto è cominciato

Mar 31 ·
17 Min Read

Metto le mani avanti: questo post non sarà breve. Perché? Perché mi va. ʕ•ᴥ•ʔ

Le dovute presentazioni

Siamo già al terzo post e ancora non abbiamo spiegato nulla della figura mistica a cui questo blog è intitolato. Ebbene sì, è arrivato il momento di rivelare chi è Alfiere Nero!

La risposta è semplice, non ne abbiamo idea! O meglio, sappiamo molto poco. Alfiere Nero è un prolifico utente della piattaforma Wikiloc, una sorta di social (nel senso buono del termine) in cui gli utenti possono caricare le tracce GPS registrate durante le loro escursioni. Molti utenti hanno giusto un paio di tracce caricate sul loro profilo, altri addirittura decine. Alfiere Nero, al momento in cui questo post viene scritto, ne ha più di 550. Inutile specificare che le tracce caricate dall’alfiere sono di una qualità molto superiore alla media: chiare, precise e sempre relative a escursioni di tutto rispetto. Di conseguenza notare che tutte le tracce migliori che trovavamo avevano lo stesso autore è stato abbastanza immediato.

Da qui a innalzare l’alfiere a creatura mitologica, nonché protagonista di innumerevoli meme, c’è voluto poco.

Meme inventato al momento
Meme inventato al momento

Dove tutto è cominciato

Sabato 2 Novembre 2024, la solita gang di scappati di casa con cui faccio le escursioni ha tirato il pacco. Le previsioni meteo però danno sole, e con l’avvicinarsi del freddo potrebbe essere uno degli ultimi weekend ottimali per le uscite in montagna, perdere quest’occasione è impensabile!

La traccia che avevo addocchiato è la seguente: Il Monte Tobbio da Voltaggio. 14,5km e 865m di dislivello, non proprio una passeggiata rilassante, almeno per me. Ovviamente l’alfiere ci ha messo decisamente meno dei tempi previsti dai cartelli, saltellando su una gamba e trasportando Chuck Norris in spalla, che, poverino, non era riuscito a reggere la salita.

Avevo scelto questo sentiero per due motivi. In ordine crescente di importanza:

  1. è ad appena 1h di macchina da casa

  2. tra le foto presenti su Wikiloc c’è un selfie dell’Alfiere Nero

Il secondo punto in particolare mi obbligava moralmente ad affrontare l’escursione. Mi sentivo in dovere di partire in pellegrinaggio per la chiesetta in cima al monte Tobbio, là dove lui si è rivelato. Sicuramente però non volevo andare da solo (regola numero 0 delle escursioni), ma con la gang non disponibile rimaneva una sola possibilità: chiedere a Bob, la mia ragazza. Ora, Bob non è particolarmente avvezza all’escursionismo, ma tutte le volte che la porto a fare un giro mi stupisce positivamente. Quest’estate in Valle d’Aosta ci siamo sparati da Col de Joux ad Antagnod e ritorno in giornata, passando per due volte per il “sentiero delle 14 gallerie” (rendendolo quindi il “gran sentierone delle 28 gallerie”) e, a parte qualche difficoltà in punti specifici, non ha battuto ciglio. Quindi l’ho voluta sfidare, senza che lei lo sapesse ovviamente, e le ho proposto di accompagnarmi in questa avventura. Complice il suo non avere una chiara misura in testa delle quantità di dislivello che le sue gambe possono reggere (e complice la mia conseguente omissione di quantificare quanto 865m di dislivello siano effettivamente), Bob accetta. Siccome mi sentivo in colpa per averla turlupinata, mi offro di portare lo zaino per entrambi, in questo modo sarebbe potuta venire su senza pesi ulteriori. Lascio decidere al lettore se questa penitenza basta ad espiare la mia colpa.

Siccome questa è solo l’introduzione e siamo quasi 6 mesi indietro rispetto all’escursione di cui voglio parlare, la farò breve: sono stato pesantemente insultato per buona parte dell’andata, ma ce l’abbiamo fatta, il sentiero è stupendo, il meteo era spettacolare e sulla via del ritorno ci siamo fermati a raccogliere ben più castagne di quante opportuno.

Dove tutto è continuato

Sono abitudinario, non mi giudicate, siete come me.

Ebbene sì, come avrete immaginato quell’escursione mi è piaciuta tanto che la mia app del meteo ha Voltaggio tra i preferiti da allora, in attesa di un bel weekend di sole per farci un altro giretto..e finalmente il momento è arrivato.

Lesto propongo sulla chat Whatsapp il percorso con cui tormento da settimane i miei poveri compagni di trekking. Purtroppo però la vita è fatta di compromessi, approfittare del bel tempo ha significato rinunciare alla presenza di Krum, intento a conquistare Monaco, e Totti, tornato in madrepatria. Diverso è stato per Chef, la cui presenza è solitamente legata al dislivello del percorso. Dopo tante volte che ho provato a convincerlo a venire con noi su sentieri leggermente impegnativi sono finalmente riuscito a sintetizzare l’algoritmo di handshake che determina la sua presenza o meno per l’escursione. Funziona più o meno così:

Insomma, alla fine a Voltaggio ci siamo io, Zumba e, special guest, Pantene. Così chiamato per via dei suoi riccioli indomabili.

Una calorosa accoglienza

Arrivati al centro di Voltaggio, scendiamo dalla macchina, sgranchiamo le gambe e ci accingiamo ad incominciare la routine pre-partenza. Finisco di allacciare le indocili Ultra Raptor 2 e noto una gazza che saltella nella nostra direzione. Per nulla timida si avvicina, ci guarda e comincia a parlarci. Purtroppo, non essendo della zona, non capiamo bene il suo accento, ma proviamo comunque a comunicare. A quanto pare riusciamo nell’intento e, non solo iniziamo un solido botta e risposta di gracchi e fischi, ma riusciamo anche ad avvicinarci tanto da sfiorare il ciarliero pennuto. Sebbene la gazza ci abbia chiesto più volte di non riprenderla, ho caricato qui un video della nostra discussione.

Cra!
Cra!

Finiti gli argomenti di discussione con l’animale, si stava creando un certo imbarazzo. Decidiamo quindi che era il momento di partire. Salutiamo la creatura e ci incamminiamo verso la salita che porta in paese. La nostra amica gazza ricambia il saluto appollaiandosi sullo specchietto della mia auto. Percepisco le sue unghiette solleticare dolcemente la verniciatura sulla calotta dello specchietto. Cerco di non pensarci e conduco i miei compagni verso il centro del paese.

Si comincia

Dopo quasi millecento parole di post, è il momento di cominciare effettivamente a camminare. Non trovare l’inizio del sentiero è veramente impossibile. Il centro di Voltaggio consiste in una vietta lunga poche centinaia di metri, tutta dritta, in cui si alternano panifici, chiese e B&B/ostelli. È sufficiente seguire la via fino alla fine e girare a destra appena prima della seconda chiesa. Da qui si procede per una salita asfaltata, si passa tra alcune case e dopo pochi minuti si arriva all’inizio del bosco.

Come da consuetudine la prima salita è sempre la più difficile. Dopo nemmeno 5 minuti abbiamo il fiatone, siamo sudati fradici e Pantene inizia a dirsi soddisfatto della passeggiata, consigliando di fermarsi a uno dei mille panifici nel mentre che ci dirigiamo alla macchina. Nonostante la proposta sembrasse incredibilmente allettante, decidiamo di continuare a camminare. Dopo una decina di minuti arriviamo su un piano, da cui imbocchiamo il bosco di castagni, dei cui frutti mi ero abbondantemente nutrito l’anno precedente. Nell’istante in cui approcciamo la salita verso il bosco noto un cartello che vieta la raccolta di funghi, castagne e altri prodotto agresti. Bene, siamo partiti da nemmeno mezz’ora e a quanto pare sono già un criminale.

Procediamo per il bosco per un altro quarto d’ora e finalmente iniziamo ad emergere sulla cresta. A sinistra la vista è questa.

Vista a sinistra
Vista a sinistra

Ancora ignoriamo cosa quella montagna rappresenterà per il nostro pomeriggio, dunque proseguiamo spensierati.

Procediamo ancora un pochino e davanti a noi si apre il paesaggio da cui possiamo vedere il Passo della Dagliola (sulla sinistra) e il Monte Tobbio (al centro).

Costa Cravara
Costa Cravara

Per oggi il programma è fermarsi al passo. L’obiettivo è una passeggiata rilassante, inoltre io sono anche un po’ debilitato dal raffreddore, attaccatomi da Krum, come da tradizione tutte le volte che si ammala.

Procediamo quindi per la costa Cravara avendo ben chiara la direzione. Impossibile sbagliare strada, il Monte Tobbio è proprio davanti a noi che ci guarda. “Ehi, ma siamo sulla strada giusta?” chiede Pantene. Effettivamente il sentiero, che fino a quel momento era chiarissimo, si stava disperdendo su una distesa di rocce. Fortunatamente però incrociamo due donne che stavano scendendo e la paura di aver sbagliato strada si volatilizza.

Nemmeno 100 metri dopo diventa chiarissimo che non siamo sul sentiero, siamo in mezzo a delle sterpaglie. Ogni passo è incerto perché sotto le sterpaglie il terreno non è piano. Zumba estrae il telefono, controlla la traccia GPS ed effettivamente siamo un pochino distanti da dove dovremmo essere. Un passo incerto alla volta e riusciamo a recuperare la retta via..e chi ci troviamo dietro? Le due donne di poco fa. Alché capiamo che non stavano andando verso Voltaggio, semplicemente avevano sbagliato strada anche loro, ma a differenza nostra sono tornate indietro. Saggia scelta.

Da qui in poi è tutta salita verso il passo, che, una volta arrivati, ci accoglie con un vento impetuoso. Vento che cessa improvvisamente nell’istante in cui Zumba, per ripararsi, si siede su una sorta di trono composto da una roccia piccola a forma di seduta e una più grande rassomigliante uno schienale. Zumba viene quindi immediatamente insignito del titolo di “Signore dei 20”. Chissà perché proprio 20 poi, mah.

Now is the time of lunch

È già da un bel pezzo che Pantene lamenta un certo languore e di fatto noi alla meta ci siamo arrivati. Però, da quando Zumba si è alzato dal suo roccioso trono, si è alzato un vento troppo forte per godersi i panini in quel punto. Decidiamo quindi di spostarci in un zona più riparata, ma dove? Alla nostra destra c’è il Monte Tobbio, a cui Zumba e Pantene guardano bene dall’avvicinarsi, sapendo che se avessimo cominciato la salita li avrei obbligati ad arrivare in cima. Rimane quindi, alla nostra sinistra, un monte più umile, la cui cima sembra alla portata dello stomaco di Pantene, che ormai aveva cominciato il processo di autodigestione.

Saliamo con un buon passo, ma ci accorgiamo di essere un po’ stanchini. Fortunatamente la salita è breve come sembrava e in men che non si dica siamo stravaccati su delle morbidissime rocce a divorare i panini, il cioccolato alle mandorle (portato casualmente sia da me che da Zumba) e i prelibatissimi mandarini della Basko di Stradella, omaggio di Pantene. Durante la sbucciatura dei prestigiosi agrumi, una gang di escursionisti diversamente giovani ci passa di fianco. Li salutiamo. Questo particolare apparentemente insignificante genererà un effetto farfalla dagli effetti nefasti.

Finito il lauto pasto, l’attenzione passa dal cibo ai dintorni. Dal punto dove ci troviamo si vede bene la chiesa sulla cima del Monte Tobbio.

Vista postprandiale
Vista postprandiale

Mentre ci godiamo il nostro meritato riposo, il tempo scorre placido. Un simpatico coleottero peloso esplora le mie ginocchia. Una farfalla gialla vola dalla valle sottostante fino a Zumba, che rimane ammaliato dal suo elegante volo. Una minuscola zecca mi corre sulla mano. Aspetta. “Oh Pantene, secondo te questa è una zecca?”. Nemmeno il tempo di rispondere e Zumba, seduto dalla parte opposta, me lo conferma. La calma viene velocemente interrotta da Zumba che, con una certa premura, si rimette le scarpe e nel mentre ci racconta storie dell’orrore vissute in passato con protagoniste zecche di varie località. Ormai suggestionati, anche io e Pantene rimettiamo insieme gli zaini e in pochi minuti siamo di nuovo gambe in spalla. Sì, ma per andare dove?

La scelta

Mi dico giocati il jolly, per dove? O Mark–🐘 o Bee–🎹

Le opzioni sono 3:

Purtroppo per me, qualche settimana fa mi è stato letto un oroscopo del mio segno che diceva a grandi linee che qualche insicurezza mi impedisce di osare, ma non devo temere di sbagliare. Ovviamente essendo un uomo di scienza mi rifiuto categoricamente di dare retta ad un oroscopo. Purtroppo per me però sono anche incoerente, quindi oggi si osa. Daje.

Se non si fosse capito, abbiamo scelto l’ultima opzione anche perché “se ce l’hanno fatta quei vecchietti…”.

Il lungo ritorno

Decidiamo quindi di dare le spalle al Passo della Dagliola e proseguiamo in direzione opposta a quella da cui siamo arrivati. In un paio di minuti intravediamo una croce e scopriamo di esserci fermati a mangiare a pochi passi dalla Cima di Castiglione.

Croce cima di Castiglione
Croce cima di Castiglione

Cima che ci godremo ben poco, perché molto più interessati al mini cane che ci ha accolti non appena arrivati alla croce. Riporto una foto di Pantene intento a coccolare la piccola bestia. (Ora è chiaro lo pseudonimo eh?)

Mini cane
Mini cane

Ripresi dall’attacco di cuteness overload, ci incamminiamo sulla via del ritorno. Via poco a poco sempre meno chiara. Cosi poco chiara da sembrare scomparsa, fino a smettere di sembrarlo. Dov’è il sentiero?

Inizia una sorta di caccia al sentiero. Procediamo lentamente perché intenti a cercare ogni traccia di passaggio umano, al punto che dell’erba sospettosamente piatta per terra diventa il segno inequivocabile che il sentiero passa per di lì. A tratti il sentiero (o quello che interpretiamo tale) diventa impraticabile, rocce alte metri richiedono una vera e propria arrampicata. “Impossibile che questa sia la via giusta” pensiamo.

Ormai abbiamo superato un paio di tratti abbastanza tecnici e tornare indietro richiede troppa fatica. In più dietro di noi c’è una coppia che sta venendo in questa direzione, buon segno, pensiamo. Se altre forme di vita si aggirano da queste parti vuol dire che non siamo proprio fuori strada.

Disperato, Pantene tenta la tattica del suricato: sale su ogni altura nella speranza di intravedere il sentiero sfruttando la posizione sopraelevata.

Pantene su un mare di rocce
Pantene su un mare di rocce

Zumba invece prova un approccio differente, cominciando a vagare per l’unico dei due versanti effettivamente praticabile in cerca di almeno due sassi impilati, prova inconfutabile che la via è vicina.

Zumba esploratore
Zumba esploratore

All’unanimità decidiamo di abbandonare la cresta, proseguendo per il versante su cui Zumba aveva fiutato qualcosa.

Ormai cominciamo ad essere lievemente disperati. Iniziamo a vedere miraggi di sentieri. Il più colpito da queste visioni è Pantene, qui intento a indicare quello che per lui era il sentiero, con tanto di “ma come? Voi non lo vedete?”.

Eccolo là
Eccolo là

La traccia GPS ci dava ragione, la direzione è questa, ma i passaggi aggrappati alle rocce che dovevamo fare continuamente ci facevano dubitare della cosa.

A un certo punto, oltre ai miraggi, iniziamo anche sentire le voci: “RAGAZZI! IL SENTIERO È IN CRESTA”. Guardiamo su. A urlarci quel messaggio di speranza era stata la coppia che ci stava seguendo. Improvvisamente regrediamo (o progrediamo?) a capre di montagna e con 3 balzi siamo di nuovo in cresta, dietro di loro. A questo punto l’obbiettivo è uno solo: non perderli di vista.

Da qui in poi la cresta diventa effettivamente percorribile. O per lo meno abbastanza da farci sentire così tranquilli da poterci girare indietro e fare qualche foto di quanto percorso.

"Quanto percorso"
"Quanto percorso"

Purtroppo per noi questa ritrovata tranquillità non ha però reso più semplice la traccia, che in diversi punti era passato ad essere una vera e propria scalata, per di più in discesa.

Fortunatamente sia Zumba che Pantene sono, a differenza mia, pratici di arrampicata. Di seguito una foto la cui analisi spiega bene la situazione. La coppia che stavamo seguendo che procede come fossero al centro commerciale, Pantene sceso dalla parete senza troppa fatica che li segue, Zumba intento a calcolare ogni appiglio “con perizia e insana passione” ed infine io che fotografo tutti gli altri cercando di non pensare che a breve sarà il mio turno di scendere.

Zumba perito e insanamente appassionato
Zumba perito e insanamente appassionato

Questo non è stato l’unico punto un po’ tecnico che abbiamo dovuto affrontare, ma è l’unico in cui il mio senso di sopravvivenza è stato momentaneamente scansato dal pensiero di documentare l’impresa.

Da qui in poi è stato abbastanza complicato. Non che ce ne fosse bisogno aggiungerei. La traccia era completamente sparita, ogni omino fatto di sassi impilati era fonte di gioia. Ogni due per tre qualcuno piantava uno scivolone dovuto alla ghiaia, le sterpaglie che coprivano il terreno e alla nostra stanchezza. Il giorno successivo Pantene, che in quel momento era in trance agonistica e sembrava invincibile, ci rivelerà di essere arrivato a casa solo grazie all’adrenalina dovuta all’incertezza del ritorno stesso. Incertezza acuita nel momento in cui anche la coppia che ci precedeva si è fermata, come noi, per consultare il GPS, senza purtroppo ricavarne la strada da seguire.

Ci eravamo persi? Ni, sapevamo a grandi linee la direzione verso cui dovevamo andare, ma non avevamo la minima idea di come arrivarci. Senza un sentiero ci avremmo messo un’eternità a tornare, ogni pochi minuti qualcuno scivolava, ma (spoiler) fortunatamente nessuno si è fatto male.

Nel mentre che gli adulti discutono dove andare a fare i prossimi scivoloni, mi accorgo di un fatto assolutamente ininfluente, ma curioso. Da questo punto si vede molto chiaramente il sentiero che abbiamo fatto all’andata, da cui la realizzazione: in questo momento ci troviamo sulla montagna che abbiamo più volte fotografato durante l’andata (vedere la seconda foto di questo post). Stamattina sembrava lontanissima, eppure ci siamo sopra. Fa sempre un certo effetto pensare a quanta strada si può fare, passo dopo passo.

Vista su Costa Cravara
Vista su Costa Cravara

Terminata quest’epifania, mi accorgo che il resto del gruppo ha di fatto eletto Zumba (già nominato “Signore dei 20”) capitano della spedizione.

In tutto questo non ho ancora menzionato un’ulteriore difficoltà che ci ha accompagnati per tutto il ritorno: il sole tenuto costantemente alle spalle. Fatta eccezione per Zumba, che si era spalmato la crema solare prima di partire, io e Pantene ci rendiamo conto di avere il coppino incandescente, come anche le braccia. Più in generale, anche il caldo stava diventando abbastanza fastidioso. Ogni folata di vento veniva accolta con sospiri di goduria. Quello che non sapevamo è che di lì a poco avremmo esaudito il nostro desiderio di rinfrescarci. Seguendo il capitano Zumba giù per il versante della montagna, intravediamo ciò che in quel momento desideravamo più di ogni altra cosa, anche più di tornare a casa: un torrente. Forse la nostra mente si stava allineando a quella di una trota? Non lo avevamo mai notato, ma a quanto pare tra le due creste che abbiamo percorso, prima all’andata e poi al ritorno, è presente un silenziosissimo torrentello.

Torrente
Torrente

Nell’istante in cui abbiamo messo gli occhi sul corso d’acqua la speranza si è riaccesa. Dopo aver appurato che non si trattasse di un miraggio collettivo, ci imponiamo di dover, come minimo, pucciare i piedi in una di quelle pozze.

Qualche scivolone dopo vediamo qualcosa di ancor più attraente di un gelido torrente: il sentiero. Ormai era tutto dalla nostra parte. Le nostre pene erano finite.

Da qui in poi l’escursione rientra completamente nella normalità, pertanto, per premiarti di essere arrivato/a fino a questo punto, taglierò corto. Anche perché non credo di aver mai scritto così tanto nella mia vita. Come secondo premio ecco una foto di Pantene intento a congelarsi le estremità nell’acqua più fredda che abbia mai toccato.

Pantene acquatico
Pantene acquatico

Dopo questa foto abbiamo passato un buon quarto d’ora a rilassarci sulla sponda destra del torrente, pucciando gambe e braccia in quello che sembrava azoto liquido per un virilissimo tempo di 3-5 secondi a sessione. Una volta ripartiti la strada è ampia, fangosa e sorprendentemente affollata di macchine movimento terra.

Sono circa le 17 e finalmente siamo di nuovo a Voltaggio. Per prima cosa svaligiamo una panetteria, il cui gestore, impietosito dai nostri volti stanchi, ci avvisa “ho solo questo” indicando il bancone su cui erano esposti:

Prendiamo tutto. Non lasciamo nemmeno una briciola. Paghiamo alla ligure (cioé senza ricevuta) e ci fiondiamo nella piazza principale, dove ci stravacchiamo sulle panchine e ci godiamo la meritatissima merenda in compagnia di un simpatico gattone di cui Zumba si è follemente innamorato.

Fame
Fame

Con questa foto sfocata, storta e buia (che riassume perfettamente le nostre condizioni psicofisiche nel momento in cui è stata scattata) passo e chiudo.

Pelo